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Considerazioni sul Marat-Sade di Weiss

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Considerazioni, commenti e riflessioni sul Marat-Sade di Peter Weiss in cui lo sperimentalismo conduce un intento etico sempre più presente e forte che riceve risalto da ambientazione e interpreti

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L’autore realizzò un produzione drammaturgica non unitaria visto che nelle sue opere si alternano elementi autobiografici e sperimentalismo, cui si aggiunge un intento etico sempre più presente e forte.

Nel Marat/Sade, in due atti, Weiss utilizzò la maggior parte dei mezzi espressivi propri del teatro: gestualità, mimica, canto musica, recitazione, danza, pantomima. Di quest’opera il drammaturgo formulò cinque versioni.

L’ultima, riveduta e corretta, giunge ad accentuare l’utopia rivoluzionaria. Dramma in prosa in due atti, venne rappresentato per la prima volta allo Schillertheater di Berlino il 29 aprile 1964 con musiche di Hans-Martin Majewski. Grande ricchezza scenico-linguistica contraddistingue il Marat/Sade, che si svolge nel 1808 a Charenton, un ospedale psichiatrico in cui venivano internate anche persone considerate dannose per la società come il marchese de Sade.

A dare il benvenuto è Coulmier, il direttore dell’istituto, che spiega una novità ai pazienti: un illustre ricoverato, ormai anziano, ha composto un dramma per offrire un conforto ai degenti, che verrà allestito da loro stessi davanti a un pubblico giunto per l’occasione dalla vicina Parigi.

Soggetto del dramma è l’assassinio di Marat, il cui ruolo è ricoperto da un malato di eczema, mentre il ruolo di Charlotte Corday è impersonato da una giovane depressa, che soffre d’amnesia. Il Marat che esce ipoteticamente dalla penna del marchese De Sade è un rivoluzionario deluso, perché ha cominciato ad allontanarsi dai capi della sommossa, quando capisce che, una volta conquistato il potere, essi incominciano ad allontanarsi dagli ideali della Rivoluzione e soprattutto a cancellare la libertà individuale.

Per De Sade, dietro cui naturalmente si nasconde Peter Weiss si sta compiendo una beffa nei confronti del popolo, la borghesia si sostituisce all’aristocrazia, una dittatura prende il posto della precedente.

La possibilità, data dall’autore al marchese, di rappresentare all’interno dell’ospedale, su un proprio palcoscenico, un Marat di cui era stato sostenitore, è sicuramente un’idea teatrale fortemente riuscita al fine di creare uno scenario ben preciso dove i due personaggi-antagonisti vengono fatti agire. Marat, che impersona il rivoluzionario plebeo, si ritrova per una malattia dermatologica in vasca da bagno, dove verrà pugnalato. Da morto ha tutto il tempo di proclamare l’immortalità dei propri ideali. Il marchese gli si contrappone con la propria volontà omicida di eliminare l’umanità. Forse il manicomio è una metafora del mondo e l’esito finale in cui gli internati sfuggono al controllo indica un possibile esito della visione di de Sade, l’assenza di potere.

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