Il Nuovo Teatro Sancarluccio rimane ancora un teatro e non rischia più di ospitare un alimentari. Tuttavia la sua riapertura non ha ottenuto l’attenzione e la viralità che hanno seguito l’indignazione suscitate dal rischio chiusura.
La notizia negativa apre dibattiti e genera viralità. Questo accade perché è largamente diffusa e, se la voce del popolo è divina, sarà pure discretamente tendente alla verità. Insomma l’opinione pubblica si rivede nella dichiarazione e il gioco di specchi riflessi produce un’immagine tangibile, concreta in virtù dell’imbarazzante consenso. All’informazione dell’altro polo, quello positivo, non viene riconosciuta una simile popolarità: chi prima accusava una grave mancanza, oggi non sente il bisogno di godere della restituzione. Lamentarsi più bello che gioire? Umano, molto umano. Del resto l’indignazione oggi dà nome a movimenti e manifestazioni. E si parla e si marcia esclusivamente per contrattaccare, per rispondere, per indignarsi. Parlare per celebrare e per confermare è disciplina assai rara nel tempo della contestazione globalizzata. E se la crisi provoca la chiusura di storici edifici e istituzioni, è pur vero che a questa segue un magma mediatico considerevole, arricchito da toni e lessici da dopoguerra. Al contrario, la riapertura, non desta simile scalpore, come se appartenesse al normale procedere delle cose.