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Il resto di Berlino: Bauhaus & East Side Gallery

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Capitale della Modernità, Berlino è forse tra le più povere capitali europee, eppure atterrare a Schonefeld o a Tegel è diverso dall’atterraggio a Heathrow o Stansted. Vediamo. 

Berlino è una moderna metropoli nel senso che offre la possibilità di una vita a misura d’uomo e non di manager. E’ una città che privilegia l’aspetto funzionale delle cose, e solo dopo si preoccupa dell’intrattenimento patinato per occhi avidi di flash di  modernità. Le insegne dei negozi si presentano in tutta onestà, l’urbanistica è progettata sulla base di enormi stradoni principali da percorrere attraverso rotte predefinite, zero possibilità di scorciatoie (probabilmente questo vale anche per le strade della vita del singolo, ma non cadiamo nell’esterofilia cieca ed ottusa), treni metropolitani sincronizzati con i semafori sottostanti alla stazione, in modo da garantire camminamenti non stop anche durante  i rigidi inverni tedeschi.

Questo solo per dare una brief description del luogo e del costume berlinese. Oggi però parliamo di arte e design, ambiti da analizzare tenendo presente, in qualche modo, le anticipazioni di sopra.

Nei pressi della stazione di Nollendorf Platz si trova L’Archivio Bauhaus, una piccola struttura dove sono raccolte testimonianze e pezzi di design progettati dalla scuola di disegno industriale. L’istituto divenne famoso per le sue particolari metodiche, talvolta estremamente spiritualistiche o addirittura esoteriche, come nel periodo di presidenza di Johannes Itten. La  fama dell’istituto fu legata all’originalità dei contenuti formativi e del tipo di lezioni compresi nei programmi didattici. In quel periodo (primo dopoguerra e anni a venire) la spinta progressista nasceva dagli stimoli e dalle innovazioni della crescente cultura industriale che prima o poi avrebbe invaso la vita della società con i suoi precetti: disegno singolo, produzione in serie, distribuzione in massa. Al Bauhaus (che per motivi politici e finanziari dovette cambiare più spesso sede e città) ci si sforzava di far confluire la sensibilità artistica con la fredda produzione seriale. Non più figurazioni espressioni di una visione del mondo bensì disegni, schizzi, bozzetti capaci di innestarsi nella meccanica delle ingombranti strumentazioni della stampa industriale. In effetti il design occupava e occupa un interstizio pressochè buio ancora oggi, fra la produzione artistica e quella industriale: al punto che oggi un fotografo è un’artista, come lo è un pubblicitario, come lo è un’artista!  Il periodo ed il settore in particolare, sono però ricchi di fermenti, dal vecchio al nuovo mondo: da Henry Ford a Siemens, dalla catena di montaggio alla didattica Bauhaus, dalla Ford T alle lampade di Behrens, si pefigurava un nuovo campo di applicazione, il design, dove una nuova figura, il designer (o progettista, a volte di provenienza artistica) avrebbe dovuto mediare fra due realtà opposte e tuttavia così disposte alla collaborazione.

 

Ritorno al classicismo. Effettuata una breve panoramica della galleria Bauhaus e dopo aver preso coscienza di cosa stessimo parlando prima, abbandoniamo il salone della modernità per fare un giro fuori, a -6°, fra le attrazioni turistiche ereditate dalla storia. Bisogna raggiungere il muro, occorre la metro e qualche passo a piedi. Giunti a Ostbahnhof ci dirigiamo verso la East Side Gallery: i murales della chilometrica parete, che ha separato l’est dall’ovest dal 1961 al 1989,  sono stati recuperati come attrazione turistica. Come al solito, per i feticisti più sfrenati, è possibile acquistare in uno dei tanti bazar, gadgets come pezzi di muro. Orrore!  In ogni caso date uno sguardo alle immagini. Purtroppo, come potrete vedere, le infelici temperature hanno mortificato le capacità di ripresa dei nostri cameraman. Abbiate compassione.

 

Altro giro altra corsa. Eh si, basta tornarci con temperature più miti e giornate più solari, che di colpo le fredde tensioni del modernariato (una volta che lo guardi come spettatore o turista diventa “modern-ariato”, termine che suggerisce la nuova forma di fruizione del prodotto moderno come impossessamento intellettuale e borghese) assumono le tinte rosee della sospensione romantica. Nei pressi del Nikolaj Viertel, il borgo antico della città nelle vicinanze della Sprea, si passeggia fra musiche e colori che magicamente si collocano senza imbarazzo nella città dei grattacieli di Van der Rohe. Lo scenario è quello pubblicitario: in effetti uno slogan azzeccato muterebbe l’innocente video amatoriale in un un format propagandistico per tour operator. Tuttavia è bene impegnare l’occhio anche qui: la dissonanza delle melodie degli artisti di strada stride con l’utilitarismo urbanistico e con il razionalismo architettonico. Anche questa è poesia.

 

Questa dunque è Berlino, vista attraverso uno dei tanti filtri disponibili. Ogni viaggio, ogni esperienza, ogni sguardo costituisce un filtro. Ma la città offre angolature e punti di vista che superano la capacità di un articolo. Buona visione!

 

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