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Smart working e il telelavoro: quali sono le differenze

Spesso utilizzati come sinonimi, smart working e telelavoro hanno in realtà due significati differenti. Andiamo a scoprire le caratteristiche principali di queste due modalità di lavoro, in modo da capire quali sono i punti in comune e le differenze.

Negli ultimi due anni sono diventati due termini molto diffusi, ormai entrati a far parte del linguaggio comune. Si tratta di smart working e telelavoro, due parole che sebbene abbiano numerosi elementi in comune, indicano due modalità di svolgimento del lavoro differente.  In questo articolo andremo a vedere nello specifico cosa si intende con smart working e cosa con telelavoro, cercando di capire anche quali sono i punti in comune e le differenze.

Smart working e telelavoro: cosa sono?

Con l’inizio della pandemia, tra i tanti termini che sono entrati a far parte del vocabolario del nostro paese, due ci sono imposti prepotentemente: smart working e telelavoro. Si tratta di due parole che vengono utilizzate spesso come sinonimo, ma che in realtà hanno due significato molto differenti. Iniziamo con delle definizione: il telelavoro indica quella modalità di svolgimento di lavoro effettuata da remoto attraverso l’utilizzo di sistemi telematici di comunicazione. In realtà, questa definizione è possibile applicarla anche al concetto di smart working. In effetti in entrambi i casi si indica la prestazione del lavoro da una postazione differente da quella dell’ufficio. Tuttavia, come già abbiamo specificato, ci sono alcuni dettagli che rendono distinte le due modalità. In particolare, la differenza principale riguarda la sede e l’orario di lavoro. Sebbene in entrambi i casi quest’ultimo venga svolto da remoto, variano le modalità e i tempo.

Smart working e telelavoro: le differenze

Lo smart working è un lavoro subordinato in cui vi è una completa assenza di vincoli orari e spaziali. L’organizzazione e le modalità della prestazione lavorativa vengono solitamente stabilite in diverse cicli, ognuno dei quali contiene degli obiettivi da raggiungere. I cicli e gli obiettivi sono stabiliti da un accordo tra il singolo lavoratore e il datore di lavoro. Pertanto, come si può facilmente intuire, a caratterizzare lo smart working è la massima flessibilità dell’organizzazione e la volontarietà delle due parti, oltre che ovviamente il possesso di tutti i mezzi necessari tecnologici per garantire tale modalità di lavoro.

Nel telelavoro il dipendente possiede una postazione fissa che non si trova all’interno dell’azienda. Inoltre in questo caso si rileva una maggiore rigidità in termini di orari. Infatti, ci sono ore e mansioni specifiche a cui il lavoratore deve necessariamente attenersi. Anche in questo caso però l’articolazione della prestazione lavorativa si basa sempre su un accordo scritto tra lavoratore e datore.

Dal punto di vista normativo il lavoro agile è disciplinato dalla legge n. 81 del 2017.  Tuttavia, il telelavoro ha una disciplina molto più datata che risale al DPR n.70 8 marzo del 1999 e all’accordo interconfederale del 20 gennaio 2004. La legge si occupa anche di disciplinare la cosiddetta work station, ovvero la postazione di lavoro da adottare nel caso del telelavoro. In particolare, quest’ultima deve essere separata dagli spazi dedicati all’attività domestica e familiare e deve essere idonea in termini di illuminazione e abitabilità e deve essere completamente a carico del datore di lavoro, sia per quanto riguarda l’installazione che per la manutenzione. Inoltre, l’imprenditore è anche responsabile di tutte le spese ed i consumi energetici telefonici e per la sicurezza. È altresì tenuto a fornire la formazione obbligatoria in materia di sicurezza.

Anche il lavoratore però ha una serie di obblighi. Ad esempio può utilizzare la work station solo ed esclusivamente per il lavoro. Inoltre, per verificare l’effettivo svolgimento del lavoro da parte del dipendente, il datore di lavoro può effettuare una verifica telematica.

Queste sono le principali differenze tra le due modalità di lavoro. Tuttavia, è opportuno specificare che entrambi i concetti condividono i vantaggi che possono apportare, a partire ad esempio da quello di limitare gli spostamenti, elemento che è risultato fondamentale per ridurre gli assembramenti nei trasporti pubblici durante i periodi più acuti della pandemia. Non è un caso che l’adozione dello smart working sia stato uno dei primi provvedimenti marzo del 2020. Ma i vantaggi non finiscono qui: ulteriori benefici del lavoro a distanza si possono rilevare anche per l’ambiente, grazie alla notevole riduzione del traffico che incide positivamente anche sulla riduzione dell’inquinamento. 

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